Carlo Caloro - He's floating like I last saw him
3D Video Animation, 08:15 min., 2023
artQ13 - sympatric areas for artistic research
3D Video Animation, 08:15 min., 2023
artQ13 - sympatric areas for artistic research
Nel 2018 ho realizzato la scultura cinetica Absorption che ha come protagonista una piccola imbarcazione abbandonata lungo le rive del Tevere, la quale è stata ripescata e integrata con un meccanismo che le permette di affondare e riemergere in un arco di trenta minuti. Una volta assorbita dall’acqua, la struttura tridimensionale della pilotina si riduce a un telaio bidimensionale, una cornice in grado di portare l’attenzione dell’osservatore a tutti quei segni liquidi, cangianti ed effimeri che si creano spontaneamente nell’acqua. Nel momento in cui la barca riemerge, tornando alla sua dimensione di partenza, con essa scompaiono tutte le immagini precedentemente inquadrate, di cui rimane soltanto una traccia nella memoria di chi le ha colte.
Se la vita dell’essere umano è simile al fiume con il suo continuo fluire in un’apparente dicotomia tra transitorietà e trasformazione, le cose e l’essere altro non sono che onde fluttuanti, corpi di acqua, galleggianti e multidimensionali, che affondano e riemergono, che agiscono e reagiscono simultaneamente a livello fisico, emotivo e mentale, dove la modifica di ciascun elemento comporta il cambiamento di tutte le parti collegate.
In He's floating like I last saw him, non più una barchetta, ma una grande nave da crociera solca questa moltitudine fluttuante, un’arca vuota che illumina il largo, senza nessuno da trasportare o da salvare. La nave potrebbe procedere all’infinito, se non che, per l’esigenza di «sprofondare», di immergersi oltre l’illusorio, si arresta. Le luci di posizione e delle cabine giocano con la loro modularità, schiarendo così la stasi con una coreografia. Lentamente, la nave si immerge, sempre più a fondo, finché il suo culmine non svanisce tra i flutti spumosi, mentre l’acqua penetra i suoi corridoi e i suoi alloggi deserti.
Ma non appena l’oceano sembra destinato a un vuoto siderale, la nave riemerge esattamente com’era affondata, e non appena le luci tornano a marcare la loro geometria, si può riprendere il cammino verso la meta indefinita.
L’acqua e, in questo caso il mare, divengono un luogo metaforico che permette di oltrepassare la membrana del visibile, per avventurarsi negli abissi del superamento del limite percettivo, e considerare così che, ciò che vediamo, è solo una porzione della nostra infinitezza.
Insomma, affondare non è poi così grave quanto riemergere senza niente di nuovo da raccontare.
Se la vita dell’essere umano è simile al fiume con il suo continuo fluire in un’apparente dicotomia tra transitorietà e trasformazione, le cose e l’essere altro non sono che onde fluttuanti, corpi di acqua, galleggianti e multidimensionali, che affondano e riemergono, che agiscono e reagiscono simultaneamente a livello fisico, emotivo e mentale, dove la modifica di ciascun elemento comporta il cambiamento di tutte le parti collegate.
In He's floating like I last saw him, non più una barchetta, ma una grande nave da crociera solca questa moltitudine fluttuante, un’arca vuota che illumina il largo, senza nessuno da trasportare o da salvare. La nave potrebbe procedere all’infinito, se non che, per l’esigenza di «sprofondare», di immergersi oltre l’illusorio, si arresta. Le luci di posizione e delle cabine giocano con la loro modularità, schiarendo così la stasi con una coreografia. Lentamente, la nave si immerge, sempre più a fondo, finché il suo culmine non svanisce tra i flutti spumosi, mentre l’acqua penetra i suoi corridoi e i suoi alloggi deserti.
Ma non appena l’oceano sembra destinato a un vuoto siderale, la nave riemerge esattamente com’era affondata, e non appena le luci tornano a marcare la loro geometria, si può riprendere il cammino verso la meta indefinita.
L’acqua e, in questo caso il mare, divengono un luogo metaforico che permette di oltrepassare la membrana del visibile, per avventurarsi negli abissi del superamento del limite percettivo, e considerare così che, ciò che vediamo, è solo una porzione della nostra infinitezza.
Insomma, affondare non è poi così grave quanto riemergere senza niente di nuovo da raccontare.