Attention! The Artificial Jury is giving you attention!
artQ13 - concorso artistico multidisciplinare
con giuria artificiale, 2023
Segui le istruzioni dei video ed invia ed invia gratuitamente la documentazione delle tue opere all'indirizzo email: [email protected] entro il 15 Settembre 2023
artQ13 - sympatric areas for artistic research
Attention! The Artificial Jury is giving you attention!
concorso artistico multidisciplinare, 2023
Attention! The Artificial Jury is giving you attention!
concorso artistico multidisciplinare, 2023
In principio, il talento era un’unità di misura e poi una moneta. Bisogna attendere il Vangelo secondo Matteo perché, nella parabola dei talenti, questo diventi anche un valore, sinonimo di dono, di dote naturale, di capacità.
Il talento, spesso, è quello dell’artista, di chi sembra avere una qualità innata, come talvolta innata sembra essere anche l’abilità di coltivarla, di farla fruttare, perché tutti ne possano godere. Al contempo, quando qualcuno riceve un dono, qualcun altro ne viene automaticamente escluso, perché il talento non è per tutti, checché se ne dica. Il talento è prezioso, doloroso, invidiabile, unico. Su diecimila aspiranti autori, soltanto uno riesce a far giungere la sua voce ampia e forte, autorevole.
Oggi, esistono sempre più strumenti utili a bypassare i nostri limiti, a colmare le nostre lacune, a dribblare le difficoltà economiche ed organizzative. In un secolo e mezzo, la fotografia passa da un’esposizione necessaria di otto ore a un click di mezzo secondo su un display; la pellicola tangibile viene sostituita da sofisticati sensori digitali in grado di realizzare tutto il girato che si vuole, mentre le nuove intelligenze artificiali permettono di creare materiale scritto, fotografico, pittorico, musicale, cinematografico, senza avere, forse, nessun talento. Tutti possono diventare autori di qualcosa, anche senza esserlo. L’unità di misura si sbilancia, le doti si moltiplicano nel tentativo di non disperdere nemmeno un frammento del loro valore. Di fronte alla crescita esponenziale di libri stampati, di film prodotti, di mostre organizzate, di musica composta o di fotografie scattate, presto avremo bisogno di occhi, lettori, visitatori e spettatori artificiali per contemplare tutto ciò, affinché questa creatività fluida non venga contenuta o smorzata.
Nel corso della mia ricerca, ho spesso esplorato una dimensione performativa che fosse priva della presenza dell’autore in carne ed ossa, come nel mio lavoro Atopia del 2002, in cui alcuni attori eseguono delle indicazioni elaborate da un programma informatico, o Nice to meet me del 2012, nel quale il personaggio teatrale protagonista non nasce da un processo drammaturgico, ma a partire dall’analisi genetica di un oggetto casuale trovato per la strada.
Alla luce dei nuovi sviluppi avvenuti nel campo delle intelligenze artificiali, questo principio di un’opera senza autore appare, dal mio punto di vista, come un fenomeno sempre più concreto e pulsante. Invece di opporsi all’inevitabile mutamento in cui siamo immersi, una strategia potrebbe essere quella di accogliere tale sovrabbondanza di materiale privo di autore, e valutarlo secondo dei canoni appositi.
In un mondo dove l’arte è prodotta dalle intelligenze artificiali, perché non istituire un concorso in cui siano queste stesse intelligenze a valutare gli elaborati?
Ecco a voi il primo concorso artistico in assoluto per umani valutato da una giuria artificiale.
Il talento, spesso, è quello dell’artista, di chi sembra avere una qualità innata, come talvolta innata sembra essere anche l’abilità di coltivarla, di farla fruttare, perché tutti ne possano godere. Al contempo, quando qualcuno riceve un dono, qualcun altro ne viene automaticamente escluso, perché il talento non è per tutti, checché se ne dica. Il talento è prezioso, doloroso, invidiabile, unico. Su diecimila aspiranti autori, soltanto uno riesce a far giungere la sua voce ampia e forte, autorevole.
Oggi, esistono sempre più strumenti utili a bypassare i nostri limiti, a colmare le nostre lacune, a dribblare le difficoltà economiche ed organizzative. In un secolo e mezzo, la fotografia passa da un’esposizione necessaria di otto ore a un click di mezzo secondo su un display; la pellicola tangibile viene sostituita da sofisticati sensori digitali in grado di realizzare tutto il girato che si vuole, mentre le nuove intelligenze artificiali permettono di creare materiale scritto, fotografico, pittorico, musicale, cinematografico, senza avere, forse, nessun talento. Tutti possono diventare autori di qualcosa, anche senza esserlo. L’unità di misura si sbilancia, le doti si moltiplicano nel tentativo di non disperdere nemmeno un frammento del loro valore. Di fronte alla crescita esponenziale di libri stampati, di film prodotti, di mostre organizzate, di musica composta o di fotografie scattate, presto avremo bisogno di occhi, lettori, visitatori e spettatori artificiali per contemplare tutto ciò, affinché questa creatività fluida non venga contenuta o smorzata.
Nel corso della mia ricerca, ho spesso esplorato una dimensione performativa che fosse priva della presenza dell’autore in carne ed ossa, come nel mio lavoro Atopia del 2002, in cui alcuni attori eseguono delle indicazioni elaborate da un programma informatico, o Nice to meet me del 2012, nel quale il personaggio teatrale protagonista non nasce da un processo drammaturgico, ma a partire dall’analisi genetica di un oggetto casuale trovato per la strada.
Alla luce dei nuovi sviluppi avvenuti nel campo delle intelligenze artificiali, questo principio di un’opera senza autore appare, dal mio punto di vista, come un fenomeno sempre più concreto e pulsante. Invece di opporsi all’inevitabile mutamento in cui siamo immersi, una strategia potrebbe essere quella di accogliere tale sovrabbondanza di materiale privo di autore, e valutarlo secondo dei canoni appositi.
In un mondo dove l’arte è prodotta dalle intelligenze artificiali, perché non istituire un concorso in cui siano queste stesse intelligenze a valutare gli elaborati?
Ecco a voi il primo concorso artistico in assoluto per umani valutato da una giuria artificiale.